1998 - L'etica dell'etichetta
ovvero: possono gli scrittori fare pubblicità?
Isabella Bossi Fedrigotti in un breve intervento
sul Corriere della Sera (La 'bruttina' ora è
marchio di bellezza, mercoledì, 13 Maggio 1998) ha presentato in modo spiritoso ma piuttosto
inesatto la mia iniziativa di "firmare" una linea di cosmetici per capelli.
Aldo Busi, citato nell'articolo come mio presunto istigatore, ha scritto
all'istante una replica alquanto seccata: leggetela!
è, come al solito quando si tratta di Busi, un temporale di intelligenza.
Ma, dato che il mio rapporto con il Maestro non è di tipo client/server,
nemmeno lui conosceva bene tutti i particolari dell'operazione-Wella,
da me intrapresa senza sognarmi di chiedere il suo permesso. Quindi replico
anch'io, che, si suppone, delle cose che faccio saprò come e perché le
sto facendo.
Cara Fedrigotti, o cara Bossi (veda lei), è vero che questa operazione
è "pubblicitariamente rivoluzionaria", ma non è vero che "la letteratura
non c'entra". Io, infatti, non mi sono prestata come testimonial ma ho
prestato le mie competenze linguistiche. Ho scritto le etichette dei prodotti.
E ora le spiego perché e come.
Una scrittrice è, prima di tutto, una lettrice. Leggere per me è un vizio
talmente divorante che, quando non ho un libro né un giornale né uno straccio
di pagina stampata purchessia, posso mettermi a leggere l'etichetta dell'acqua
minerale, o dello shampoo. Non sempre è una lettura interessante: certe
etichette, in fatto di oscurità, sono anche peggio dei famigerati libretti
di istruzioni dei videoregistratori, e risultano spesso più noiose.
Perciò, quando la Wella mi ha chiesto se mi andava di scrivere dei testi
per le etichette di una nuova linea di prodotti shampoo-tonico-crema da
vendere in profumeria (Active Recrin anti-age e Active Recrin anti-stress,
"per le donne del Terzo Millennio") la seconda cosa che ho pensato dopo
aver pensato "Sono fuori di testa, questi qua?", è stata: "Però, mah...
se è una follia, è una follia sensata...", e la terza: "Alla prova: vediamo
se saranno pazzi abbastanza da darmi in cambio 50 milioni per i bambini
dei paesi sottosviluppati". Ero convinta che non fosse nella logica di
nessuna azienda buttare cifre così belle tonde e succulente in pasto a
dei possibili consumatori che non consumeranno mai uno shampoo perché
hanno già problemi a procurarsi il minimo vitale. Invece, quei simpatici
matti della Wella Italia Labocos s.p.a. mi hanno detto di sì, con entusiasmo.
Ho osservato la merce, l'ho annusata, mi ci sono lavata la testa, ho studiato
con cura i componenti, poi ho scritto le etichette.
Magari qualche critico proverà a recensirle, qualche altro farà finta
di indignarsi e griderà alla contaminazione tra letteratura e pubblicità:
ma per chi, come me, vede precisamente nelle contaminazioni tra generi
e linguaggi uno dei segni certi della modernità, non c'è niente di strano
o sconvolgente in questa operazione di scrittura.
Molti scrittori più grandi di me l'hanno già praticata in vari modi. Per
esempio Colette, che oltre a prestarsi come testimonial per diversi prodotti
commerciali (e per se stessa, quando si cimentò con un secondo lavoro
aprendo un istituto di bellezza in cui vendeva ciprie e creme "d'autore"
e faceva personalmente il trucco alle clienti) scrisse dei veri e propri
slogan pubblicitari.
Voglio dire di più: scrivere un'etichetta, come scrivere un manifesto
o una sceneggiatura o qualunque altro testo che non sia di "arte per l'arte",
dovrebbe diventare una comune forma d'arte applicata. Se gli scrittori
qualche volta uscissero dalla torre d'avorio della letteratura cosiddetta
"alta" e provassero (a pagamento, o per i moralisti come me, senza fine
di lucro) a esercitare la propria competenza linguistica su eventi e oggetti
quotidiani, l'ambiente in cui viviamo sarebbe forse più decifrabile, più
leggibile da tutti e, in ogni caso, molto meglio scritto.
Carmen Covito
P.S.
Il destinatario della donazione è l'organismo di volontariato internazionale
CPS (Comunità Promozione e Sviluppo) che ha sede a Castellammare di Stabia.
Il motivo per cui ho scelto queste persone e non altre è semplice: queste
le conosco abbastanza bene da sapere che i soldi andranno veramente a
finanziare le attività che devono finanziare, e non altre. Il fondatore
è un prete, ok, ma ha sempre avuto qualche problemuccio a obbedire alle
gerarchie ecclesiastiche, cosa che lo rende un essere umano di fiducia;
e se ne infischia del fatto che i suoi interlocutori appartengano ad altre
religioni o siano, come me, agnostici di ferro e laici del tutto inconvertibili.
Bravissimo a spillare finanziamenti con i sistemi più fantasiosi (lotterie,
mercatini, raduni di vecchi compagni di movimento studentesco), don Gennaro
Somma vive in doverosa povertà [NOTA] e, se predica bene, razzola anche meglio:
per dirne una, l'anno scorso sono andata a vedere la nuova sede della
CPS (un appartamento comprato dopo lunghe campagne di sfiancamento degli
amici e parenti del suddetto don Gennaro, costretti a finanziare un mattone
o due pur di toglierselo di torno) e dentro la nuova sede cosa ci ho trovato?
una famiglia di profughi della Bosnia, comodamente ospitati nelle due
stanze che avrebbero dovuto servire come foresteria ("Foresteria?" avrà
pensato don Gennaro, "e più forestieri di questi qua... I volontari italiani
in transito si arrangeranno a spese proprie"). La Comunità Promozione
Sviluppo svolge dal 1974 interventi concreti di sviluppo alimentare e
socio-sanitario nei paesi del terzo mondo, a cui recentemente ha aggiunto
l'assistenza agli immigrati in Italia; oggi ha in corso, tra l'altro,
un programma di adozioni a distanza, la costruzione di una scuola di villaggio
in Senegal, e un servizio di soccorso e scolarizzazione dei "bambini di
strada" di Potosì, Bolivia.
Per chi volesse contribuire, questi sono i dati bancari e fiscali dell'associazione:
CPS - Comunità Promozione
e Sviluppo
via S. Vincenzo, 15
80053 Castellammare di Stabia (Na)
tel/fax 0818704180
Codice fiscale 82009620632
dati bancari:
Credito Italiano, filiale di Castellammare di Stabia,
cin X , ABI 02008, CAB 22100, c/c 34318/00
sito web: www.cps-ong.it/
[NOTA] 7 febbraio 2009. Oggi apprendo con tristezza la notizia della morte di don Gennaro Somma.
La sua persona e la sua attività hanno rappresentato un punto di
riferimento importante della mia gioventù, come di quella di tanti
altri stabiesi a disagio in un ambiente difficile, degradato e inquinato dal malaffare e dall'indifferenza. Con questo prete scomodo se ne va un pezzo della storia della città, la parte
migliore: quella che proponeva onestà, impegno, serietà, solidarietà.
Auguro a tutti noi che il suo messaggio non scompaia con lui, ma che
venga raccolto e trasmesso al futuro.
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