Il
giro del mondo in ottanta fiori A Nantes in cerca di Jules Verne e dell'albero dei tulipani |
La mia guida si chiama Bérengère
e ha una fronte bombata, altissima: i capelli di un bel biondo rossiccio
partono così indietro che sembrano appoggiati a metà testa.
"Scusa", le chiederei, "tu ti radi la fronte come le dame del Trecento,
o è che hai un'attaccatura gotica naturale?", ma, se non mi sono
troppo distratta a guardarla a bocca aperta, lei stava giusto facendo
dell'ironia sui turisti a caccia di folklore medievale, perciò
chiudo la bocca e mi lascio portare in giro per tutta Nantes, dimenticandomi
che, veramente, io ero qui solo per vedere la casa-museo di Jules Verne
e cercare di capire perché mai l'autore di "Ventimila leghe sotto
i mari", che a Nantes ci è nato nel 1828, cercò di scapparne
non appena possibile.
Ne consegue che al signor Verne, padre, e a quel giuramento così brutalmente estorto saranno sempre grate la città di Nantes (che sta preparando colossali celebrazioni per il 2005, centenario della morte dello scrittore) e tutte le lettrici che da bambine si sono innamorate del Capitano Nemo o hanno sognato di seguire Philéas Fogg nel suo "Giro del mondo in 80 giorni".
In soltanto tre ore, si può intanto fare
un giro come quello che Bérengère ha fatto fare a me, spaziando
dal castello della duchessa Anna (XV secolo) alla fabbrica di biscotti
Lu (tempio del "petit beurre" fine Ottocento). Il giro si fa in tram,
cosa che può sembrare surreale visto che Nantes, città di
canali e grande porto fluviale sulla Loira, era famosa come "la Venezia
d'Occidente".
Ma oggi i canali non ci sono più, mentre
il surrealismo è rimasto nell'aria: fu concepito proprio qui, nel
1916, da André Breton, probabilmente uscendo dalla Brasserie La
Cigale dopo aver innaffiato di buon vino un bel vassoio di ostriche e
alzando gli occhi ai tetti vertiginosi di ardesia grigio scuro della piazza
Graslin. Infatti La Cigale è un intero caffé-ristorante
della Belle Èpoque intatto, come nuovo, con squillanti ceramiche
e vetrate Liberty maliziose, e mentre mangi e bevi vieni perseguitato
dall'immagine di una cicala canterina umanoide serializzata in modo maniacale
su tutte le pareti, in ogni angolo, dentro i piatti: condizione ideale
per avere un mancamento psichico e creare su due piedi un'avanguardia
artistico/letteraria. Tutta l'architettura a Nantes è onirica. Scendendo per lussuose stradine fra negozi discretamente
ultramoderni, ci si imbuca di colpo nel Passage Pommeraye, un grazioso
delirio di sculture serpentine e ringhiere di ghisa e colonnati bianchi,
costato il fallimento al suo costruttore nel 1850 e oggi ancora perfetto
sia per metterci in scena un Ballo Excelsior con il Trionfo della Luce
sull'Oscurantismo, sia per fantasticarci storie di ragazze attirate nei
sotterranei e poi scomparse nei meandri della tratta delle bianche.
I nantesi, mi sussurra Bérengère, hanno una coda di paglia plurisecolare, che tuttora li fa sentire in imbarazzo: dopo essere passata alla storia per l'Editto di Nantes che nel 1598 proclamava la tolleranza religiosa, la città sistemò le basi della sua notevole ricchezza sulla tratta degli schiavi neri.
Per tre secoli, le sue navi portarono in Africa
stoffette che scambiavano contro merce umana da vendere nelle Antille:
poi riattraversavano l'Atlantico con innocenti carichi di zucchero grezzo.
Di conseguenza, sugli antichi moli si allineano i palazzi degli armatori,
decorati nel Settecento con mascheroni che rappresentano teste di "selvaggi"
e, molto adeguatamente, vari tipi di demone.
E così è Nantes: ostinata, apparentemente
tranquilla, duramente fiera dei suoi giardini, delle sue camelie, della
magnolia che qui approdò per la prima volta nel 1711 e qui restò
vent'anni senza voler fiorire. Stavano per buttarla via, ma la moglie
del giardiniere si era affezionata allo strano alberello e se lo trapiantò
sotto la piccionaia. Ben concimata, la magnolia esplose in una fioritura
mai vista. La chiamarono "l'albero dei tulipani". A Nantes fu riprodotta,
si diffuse in tutta Europa e diventò un affare... Ecco! Ora capisco
perché Bérèngere se ne va in giro a fronte così
alta! è per i fiori! è per questa Magnolia Grandiflora Namtenensis,
fonte di una ricchezza arrivata dalle Antille proprio come i proventi
dei negrieri ma candida, pulita, ben guadagnata.
E inoltre, mentre osservo il fiume dal balcone
del Museo Jules Verne, finalmente sazia di manoscritti e di modellini
di Nautilus e di bambini di scuola elementare che tutti seri prendono
appunti che cominciano "Verne è un grande inventore, ha inventato
la fantascienza, i sommergibili e i viaggi sulla Luna", mi sta sbocciando
in mente un'idea avventurosa.
Se l'albero dei tulipani ha grandi fiori bianchi
che, a differenza dei tulipani veri, emettono un profumo stordente, tropicale,
non può dare alla testa? Non può far venir voglia di immaginare
viaggi straordinari? Sì, sì, sono sicura. Il piccolo Jules
Verne deve averne annusati proprio tanti. testo di Carmen Covito Tutti i diritti riservati per maggior parte delle foto si ringraziano
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