di CARMEN COVITO
Mi ero già messa il mio maglione bianco e aspettavo sulla terrazza,
al buio, rabbrividendo nel vento dell'oceano. Quella sera era proprio
uno spettacolo: schiumava di onde lunghe e rabbiose, avventandosi contro
la spiaggia come se volesse mangiarla e poi mangiare me. C'era perfino
una lingua, no, come una lama di luce lunare che, filtrando da un cumulo
di nuvoloni neri, tagliava esattamente in due la superficie agitata.
Uno scenario adatto per un thriller, e io mi sentivo infatti nervosissima,
ma felice. Che strano. Sulle gambe mi saliva tutto un formicolio, come
se tanti animaletti in fila mi si stessero arrampicando addosso... Dalle
nuvole schizzò fuori un lampo, poi un tuono mi assordò, sentii i capelli
crepitare e drizzarsi sulla nuca, ma certo, ecco cos'era: un temporale
estivo che si stava avvicinando. Mi strinsi nel maglione e mi intristii:
quanto dovevo sembrare buffa, così sola davanti al mare a trepidare,
coi capelli a ventaglio come un'aureola bionda e con la pelle d'oca
su un chilometro di gambe nude... Perché naturalmente sotto il maglione
non avevo niente.
A Jack piaceva tanto quel mio vezzo di non portare biancheria! Anche
se proprio quello aveva provocato il malinteso del 19 maggio che ci
aveva tenuti separati per ben sei settimane. Povero Jack, l'avevo messo
in imbarazzo il giorno del suo compleanno, ma io pensavo di far bene,
pensavo che per lui sarebbe stato un piccolo regalo supplementare vedermi
lì con quel vestito color carne strizzata che scintillava di seimila
strass e sembrava gridare "strappami, strappami"... Lo so, avevo sbagliato,
era stato imprudente da parte mia disabbigliarmi così per la sua festa
ufficiale, con centinaia di cineoperatori scatenati e sua moglie presente
a sentirmi cantare "Happy Birthday Mr President" con la mia vocina innamorata.
La strega deve avergliene dette di tutte, dopo. E infatti da quel giorno
Jack non mi aveva più telefonato, e se chiamavo io si faceva negare:
"Il Presidente è in riunione con i servizi segreti, il Presidente è
in riunione con gli esperti di missili", uffa, non sapevano più che
scusa trovare per tenermi lontana da lui, l'ultima volta mi dissero
perfino: "Il Presidente non può essere disturbato, sta decidendo se
far saltare in aria il mondo o no". Ero ridotta alla disperazione, dovevo
essere proprio fuori di me se risposi di dire al Presidente che o veniva
al telefono o facevo saltare in aria lui. In realtà non avevo nessuna
intenzione di mandare ai giornali il mio diario privato, ma all'inizio
degli anni Sessanta eravamo tutti così, eravamo convinti che le bombe
atomiche sono un ottimo sistema per vincere una guerra anche se non
le usi, basta averle. E infatti Jack venne immediatamente al telefono,
si scusò, mi spiegò i suoi problemi con la moglie che lo ossessionava,
con i cubani che non lo lasciavano dormire, con i russi che lo facevano
ammattire, insomma fu dolcissimo. Lo perdonai all'istante. Accettai
di aspettare che trovasse il momento di inserire anche me nella sua
agenda. Solito posto, la nostra romantica villa sul mare in prestito
dal solito amico riservato. Sul quando, non sapeva essere più preciso
di un "molto presto, cara". Perciò, nel mio maglione di lana naturale
e un po' ruvida sulla pelle più delicata, io quella sera dell'ultima
estate mi sentivo davvero tutta un fremito: lo aspettavo da tanto! E
con i lampi e i tuoni del temporale in avvicinamento, avevo anche paura
per lui. Ma poi sentii il rumore inconfondibile dell'elicottero e tirai
un bel sospiro di sollievo: Jack era sano e salvo, stava atterrando
sul tratto di spiaggia riparato dagli alberi dietro la villa, proprio
come al solito. Vidi saltare giù la squadra di marines in tenuta mimetica
che sparirono subito nel buio, bravi ragazzi, sempre così discreti,
averli attorno era una sicurezza anche per me. Col cuore in gola per
la gioia, corsi in casa. Coi piedi che volavano sulla moquette senza
quasi sfiorarla, attraversai il soggiorno verso la porta che si stava
aprendo, eccolo!, finalmente!, il mio bellissimo presidentone protettivo
dal sorriso smagliante, dalle spalle larghissime... Sembrava meno alto,
più magro, un po' meno imponente, un po' più... giovane? Accidenti alla
mia terribile miopia: gli dovetti arrivare praticamente tra le braccia
prima di accorgermi che quello non era Jack. Era Bob, suo fratello.
"Ma tu che ci fai qui?" gli domandai più tardi, dopo essere riuscita
a sfilarmi dalla bocca la sua cravatta tutta appallottolata, che oltretutto
mi stava facendo soffocare perché non era di seta pura ma di rayon come
si usava allora, e io per le fibre sintetiche ho sempre avuto un'allergia
molto in anticipo sui miei tempi, "E Jack? Dov'è? Quando saprà che tu.."
"Tranquilla, zucchero, Jack non si arrabbia" mi disse tutto allegro
quel delinquente rivolgendomi dall'alto il suo migliore sorriso sbarazzino
(a me sembrò piuttosto un sogghigno da squalo, ma quando le cose le
vedi rovesciate non puoi mai scommettere sul loro significato, e io
stavo ancora lunga distesa sulla moquette mentre Bob si era girato e
arretrava a quattro zampe sopra di me cercando non so che cosa, forse
gli slip, perciò il sorriso fu sostituito subito da un bel paio di occhi
azzurri e poi dal suo gran ciuffo di capelli, così non ebbi modo di
approfondire).
"Come sarebbe, che non si arrabbia?!" saltai su, "Tu... tu... tu vieni
qui a rubare l'amante a fratello e mi... mmmh" riuscii a dire, prima
che Bob trovasse quello che stava cercando e me lo ficcasse in bocca
al posto della cravatta (non erano gli slip, era la maglietta della
salute, per fortuna, cotone cento per cento). Si rigirò, mi si sedette
sullo stomaco e mi fissò negli occhi con quegli occhioni da ragazzino
innocente.
"Jack lo sa. Ferma! Non dimenarti, è inutile che ti dimeni, le donne
che si muovono e parlano mi rendono nervoso: ora ti spiego tutto. Lui
non poteva venire, ha avuto un contrattempo all'ultimo minuto, le Nazioni
Unite, il Vietnam, non lo so, una roba del genere, e così mi ha chiamato
e mi fa, 'Bobby, dopo tutto questo tempo che lei ha passato a aspettarmi
sarebbe una vera crudeltà lasciarla sola in quella villa vuota, non
me la sento, lei è la donna più bella del mondo ma è anche la donna
più insicura del mondo, io non voglio ferirla, voglio farle capire che
a lei ci tengo, perciò questa è la tua occasione, Bobby. Credi che non
lo sappia che sei innamorato di lei come una pera cotta anche tu? E
allora vacci tu stasera, va' da lei e rappresentami', così mi ha detto
Jack, e io ho domandato se per 'rappresentarlo' intendeva 'rappresentarlo
in tutto', e lui ha detto che questo sarebbe dipeso unicamente da te".
"Mmmmh" ho protestato io, e Bob si è messo a ridere e ha allargato le
mani, con la conseguenza che la gola mi è diventata tutta un brulicare
come di vermetti per la riattivazione improvvisa della circolazione.
"Lo so, lo so e mi scuso" ha detto Bob, "in effetti, temo di essere
stato un po' precipitoso, ma devi capire che era tanto che sognavo di...
Appena ti ho vista, ho perso la testa. Cosa posso fare per farmi perdonare?"
Ho cercato di agitarmi il più possibile e alla fine lui ha capito, ha
detto "Oh, che sbadato! scusa, ma è una mia vecchia abitudine con Ethel",
e non solo mi ha tolto la maglietta dalla bocca ma si è anche spostato
un po' dal mio diaframma, così sono riuscita a parlare.
"Ha detto proprio che non voleva ferirmi?"
"Giurin giuretta" ha dichiarato Bob sollevando due dita nel segno dei
boy scout.
Mi sono messa cautamente a sorridergli, poi per prendere tempo ho tossito
un bel po'. Non mi riusciva di credergli. Ma lui sembrava proprio sincero.
"E...?"
"E? Parla pure, zucchero, la tua voce è così roca, così eccitante!"
"E... Jack non diceva per dire, quando diceva che anche tu... be', insomma,
quella cosa della pera cotta..."
"Che sono innamorato di te? Ma, Marilyn!, come puoi dubitarne?! Io ti
amo alla follia! Ti amo talmente tanto che, guarda, potrei ucciderti."
Il signore con cui sto adesso dice che non era vero niente. Dice che
quei due si sono approfittati del mio bisogno di calore umano, che insomma
mi hanno fatta su come un salame. Dice che Jack mi ha ceduta al fratello
perché stavo diventando troppo pericolosa sia per la sua carriera che
per la sicurezza nazionale. Dice che, a guardare la cosa anche dall'altro
punto di vista, non bisogna dimenticare che Bob era un ottimo avvocato:
non fu certo difficile per lui convincere il fratello maggiore a passargli
il giocattolo invece di buttarlo via subito, dato anche che restava
quella faccenduola del diario da trovare.
"Ma dunque, almeno Bob mi amava, mi voleva", ribatto sempre io, e il
signore con cui sto adesso mi sorride con tenerezza e dice con affetto
infinito: "Bimba mia, e chi non ti voleva? Tu eri Marilyn Monroe, mica
uno straccio per i pavimenti, ti decidi a crederci o no? Oggi ti amano
tutti, e anche quando eri viva sei stata molto amata. Però non da quei
due, da quei due proprio no."
"Sarà", borbotto io facendo il broncio. "Ma per me con Jack e Bob hai
esagerato, poverini, morti ammazzati tutti e due... Io sarò troppo buona
come dici, ma Tu sei stato un po' troppo vendicativo."
E allora Lui si mette a ridacchiare e io mi devo sorbire per la milionesima
volta la Sua citazione preferita tra tutte le battute dei miei film,
sempre la stessa, ecco che sta per dirla, lo so già, ora la dice: "Nessuno
è perfetto".
Racconto pubblicato sulla rivista "Amica" n 34, 23 agosto 2000
Incluso nell'e-book "Racconti dal Web" (2001)Tutti i diritti riservati
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