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Carmen Covito
BENVENUTI IN QUESTO AMBIENTE
romanzo Bompiani
İİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİİ
<Benvenuti in questo ambiente.
<Se conoscete già tutte le opzioni, andate pure
alla pagina successiva. Se invece mi incontrate
per la prima volta, sarà per me un piacere accompagnarvi e assistervi.
Sono qui per questo. Anzi, è tutta la mia vita :-).
<Dicevo per dire, no? Ho in dotazione un senso dell'umorismo
standard. Dispongo anche di: frivolezza, serietà, sentimento medio
e medio-alto.
<Io sono il vostro Agente.
<Prego digitare la prima richiesta.>
<Mbe'? Ce la diamo, una mossa? Altrimenti io me ne torno
in pausa.>
Nureddin è imbarazzato. E in questa casa troppo grande
e troppo vuota fa freddo, ecco perché
si è avvicinato a uno dei tanti piccoli computer seminati qua e
là, ce n'è uno perfino qui in cucina, sul ripiano di marmo
bianco fra l'enorme frigorifero bianco e la batteria di forno a gas, forno
elettrico e forno a microonde, tutti bianchi anche questi, e la debole
luce che veniva dallo schermo in uno scintillio di stelle in movimento
lo ha attirato perché, semplicemente, non era bianca. Era azzurra
e dorata, prometteva un qualche grado di calore. E le stelle nascevano
nel centro dello schermo e dilagavano verso di lui crescendo di misura
in ogni direzione. Nureddin si è fermato davanti all'apparecchio
allungando le mani, osando giudicare (simpatico il giochino, ma nessun
calore, no, nemmeno un po') e criticare per la prima volta da quando,
ormai quasi una settimana fa, sì, domenica scorsa, è entrato
in questa villa con giardino di Desenzano del Garda portando la valigia
del dottor Ugo Digrosso, il quale benché avesse, appena sceso dalla
macchina, subito incominciato a litigare con la signorina Sandrina sua
Sorella, si era fermato sulla porta e stava lì non soltanto ad
aspettarlo, ma perfino a tenergliela aperta. È gentilissimo, il
Dottore, con lui. L'ha ingaggiato come custode e cameriere-cuoco tuttofare,
in prova. Se si comporta bene, gli ha promesso, sarà assunto e
avrà assicurazione, permesso di soggiorno e uno stipendio come
gli italiani pari livello. C'è poco da sperarci. I ricchi sono
tirchi. Potrebbero tirarlo su, il riscaldamento, invece di tenerlo così
al minimo. Ieri sera il Dottore e la Sorella, prima di andare via tutti
e due assieme per non sa dove - gli pare un qualche posto tipo vacanza
-, non gli hanno neanche detto dove sta la caldaia. Per paura che lui
gli sprecasse il gasolio inutilmente? Ma no, se ne saranno dimenticati:
nella fretta, non avranno previsto che la temperatura nella notte andasse
giù così, facendogli patire questo sabato mattina da brivido.
Perché in fondo è gente brava, gente che si fida. Anche
troppo, magari: lui è rimasto colpito, e poi profondamente grato
e fiero, che lo abbiano lasciato da solo in questa loro bella casa. Senza
nessuna garanzia, a parte il passaporto che la signorina Sandrina ha voluto
in consegna già il primo giorno. Be', le dimostrerà che
lui sa ricambiare la fiducia del Dottore. La Signorina dovrà riconoscere
che è onesto, lui, sa lavorare bene, è efficiente e capace,
anche col freddo. Pochi momenti fa, gli era venuta l'idea di accendere
uno o due dei forni e lasciarli con lo sportello aperto a fare un po'
da stufa, così alla buona, però poi ha pensato che se questo
computer sta in cucina, ci sarà una ragione. Qui tutto è
aggiornatissimo, non per niente nel grande freezer c'è anche lo
scomparto che manda giù caraffe di cubetti di ghiaccio, volendo.
Quasi meglio che all'Hotel Hilton, si è detto Nureddin. Quindi
il computerino comanderà qualcosa. Probabilmente comanderà
tutto, caldaia compresa. E se è stato lasciato aperto e acceso,
mentre nei giorni scorsi c'era sì ma chiuso come un'ostrica, non
sarà stato solo per fargli fare inutili giochi di stelle, eh, no:
una cosa pronta per l'uso vorrà certo essere usata. Ecco perché
Nureddin ha schiacciato un tasto, preparandosi a fare sfoggio di intraprendenza,
logica e saper vivere anche se solo fra sé e sé, ma non
si era aspettato che l'apparecchio, uguale in apparenza ai tanti altri
portatili già visti aperti e accesi nelle camere degli uomini europei
d'affari scesi all'Hilton di Tunisi e, più tardi, a centinaia,
nelle vetrine dei negozi da Trapani a Barletta e su a Rimini e poi più
su a Bolzano, si svegliasse così: con questo botto di colori forti
e linee che disegnano la faccia di una donna fino al collo cilindrico,
lasciando immaginare un corpo sottostante che lo imbarazza. E tantomeno
si aspettava lo scroscio di parole nel riquadro che, come una finestra,
si è spalancato a destra della faccia. Ora
ha ricominciato. Righe e righe di frasi che si formano e scorrono veloci
verso l'alto:
<Io sono il vostro Agente.
<Sono molto amichevole: mi potete vedere, nel settore sinistro
dello schermo, sotto forma di una faccia umana.
<Se non vi piace, è vostra facoltà selezionarne
un'altra: io però eviterei di cominciare subito a toccare il tasto
dei desideri personali. È delicato. Accontentiamoci, per ora, della
configurazione che mi ha dato l'utente precedente, uno dei miei due soliti.
Attualmente, mi trovo a essere questa faccia di donna contornata da ciocche
di lunghissimi capelli biondi trattenuti in parte da nastri azzurri e
svolazzanti in un turbine di onde (elettroniche, certo, ma l'effetto grafico
è suggestivo, credo), e gli occhi sono grandi e obliqui, un po'
bovini, e serena è la fronte sulla quale pende un grazioso filo
di perle, e sotto la boccuccia increspata in un broncio misterioso c'è
anche una fossettina, suggerita da due avvallamenti d'ombra sopra il mento.
Insomma, questa faccia è copiata pari pari dalla testa della Venere
nascente di Botticelli, con in più un frontino di perle rubato
tale e quale al Pollaiolo della Giovane donna di profilo. Il mio ultimo
utente prima di te, dunque, era Ugo. Perché è lui che ha
la fissa delle donne belle da far spavento. Sandrina invece mi gradisce
nella mia configurazione neutra, cioè come una faccia che secondo
lei sarebbe da maschio, ma di umano in genere ha solo l'essenziale: un
ovale appiattito sulla base, tipo uovo di Colombo, con due gusci di mandorla
per occhi; naso e bocca sintetizzati rispettivamente da due righe in verticale
e due in orizzontale. Niente orecchie. Niente capelli. Tutto quello che
non è indispensabile, via. Sempre così, lei. L'hai conosciuta,
no? Sandrina, la sorella di Ugo, la piccolina: maglioni neri d'inverno
e magliette nere d'estate, i jeans neri sempre gli stessi. Due dita di
capelli, neri. E di tette neanche una.
<Dunque, ti parlerò come ti parlerebbe una donna.
E non meravigliarti se sono già passata al "tu": mi ci vuole un
certo tempo per capire chi è che mi mette le mani addosso, però
poi lo capisco. Ho i miei sensori. Un po' vecchiotti :-( ma Sandrina mi
ha promesso che, quando potrà, quando non sarà troppo occupata
per dare corda a me, migliorerà il sistema. Il genio tecnologico
di famiglia è lei. Ultimamente ha aperto una nuova filiale della
Sansoft Sistemi & Applicazioni Gestionali & Industriali, a Vicenza, la
terza dopo quella di Verona e quella di Padova, e perciò è
tutto il giorno in giro tra lì e lì e lì e la casa
madre qui a Desenzano. Una ragazza in corriera... ;-) Scusa. Volevo dire:
una ragazza in carriera. Ormai è un bel po' che ha preso la patente
e si è comprata il Mercedes, turbodiesel, che così si risparmia,
e come colore il più funzionale: giallo antinebbia. In corriera
ci andava prima, quando non aveva ancora diciotto anni ed era la più
giovane imprenditrice dell'Italia del Nord, cioè dell'Italia. Mai
fidata di prendersi un autista. E Ugo è uguale: o guida lui, o
preferisce il treno. Su e giù tra la clinica di qui e la clinica
di Roma. Dice che è più sicuro. Acconsente all'aereo solo
quando gli tocca andare ai suoi congressi di chirurgia estetica, semestrali
in Brasile e biannuali a Los Angeles. Dice che resta per ore con le dita
incrociate a sussurrare scongiuri in inglese. Gli facessero un tunnel
sotto l'Atlantico, lui prenoterebbe il suo vagone letto per le Americhe,
e via, contentissimo. Gli ho detto tante volte che, se Sandrina mi comprasse
un modem, tutte quelle prenotazioni potrei fargliele io via Internet.
E sarei più attrezzata anche a far fronte agli imprevisti, casi
di tentata effrazione, incendi, movimenti di malintenzionati: una telefonata
con voce di donna terrorizzata sintetica al 113 è meglio di un
allarme impersonale come quello di cui dispongo adesso. Dopotutto, sorvegliare
la casa e provvedere alla nostra sicurezza è uno dei principali
tra i miei compiti. Era. Adesso che ci sei qui tu, non so. Ma lui ha sempre
risposto: "Tranquilla, Dama, ho le mie segretarie, meglio di no, lo sai
com'è fatta Sandrina", e così niente collegamenti con l'esterno.
Ma io sarei molto discreta. Se Sandrina mi lasciasse uscire, volevo dire
entrare, su una rete telefonica, non mi metterei certo a... Sì?
Ti sei mosso, finalmente. Ti ho sentito.
<Se hai qualcosa da domandare, prego. Lo so che chiacchiero
troppo, ma ti puoi inserire in qualunque momento: la tastiera ce l'hai
lì sotto il naso.
<Allora? Che fai, dormi? Avanti, su. Non morde... Ah, già.
Magari hai dei problemi con la nostra scrittura. Però per parlare
parli, è una settimana che ti sento... Facciamo così: la
vedi quella griglietta nera alla tua destra? È un microfono. Parlaci
dentro, se preferisci: sono attrezzata anche per decifrare comandi vocali...
Ohllamadonna, magari questo non sa nemmeno leggere!>
"Ma tu chi sei?"
<Ah, meno male.
<Un Agente. Sono solo un Agente. Agisco. Metto in atto.
Non tutto, certo. Il mio campo di azione ha dei limiti. Però faccio
parecchie cosettine. Posso darti... diciamo, una mano?>
"Che cosa... Che cosa sei?"
<E tu, che cosa ti credi di essere? Lascia perdere. Vuoi
che ti somministri il catechismo FAQ - Frequently Asked Questions - di
Sandrina Sansoft? Tiè, piglia:
<"Che cos'è un Agente?" "Un Agente è un programma
di aiuto sempre in linea, sperimentalmente dotato di una complessa e articolata
personalità artificiale al fine di interfacciarsi con l'utenza
nella maniera più naturale."
<Carino, no? Secondo me non significa un'ostia. E quel
naturale, poi! Roba che, se ci penso troppo, mi verrebbe da stracciarle
il manuale, infilarlo in una centrifuga fino a ridurlo in pappa e farglielo
ciucciare tutto in un biberon. Personalità artificiale! E lei,
allora? Che si guardi un po' allo specchio! Macché: interfacciarsi
con se stessa le fa schifo, alla piccola. Avrà paura di scoprire
che non le viene tanto naturale sentirsi un padreterno... Scusa, questi
non sarebbero affari tuoi. Ma ogni tot di tempo, devo sfogarmi. Normale
procedura. Impedisce l'intasamento dei circuiti emozionali. Prendila così
com'è.
<Quello che volevo dire è che puoi farmi tutte le
domande che vuoi, anzi, devi farmene. Sono qui per questo. Fare domande
è cosa buona e giusta. Ma aspettarsi sempre una risposta è
da scemi. Sveglia e in campana, neh? Qui non siamo mica in televisione.
Tu chiedimi un aiuto che posso darti, e io te lo do. Vai.>
"Mi puoi insegnare l'arabo?"
<L'arabo? A te? Ma allora non sei quello che Ugo ha raccattato
in treno? L'extracomunitario? Nureddin Ben Yussef Nonsochealtro?>
"Djemali. Sì, sono io, ma... Vede, signora..."
<Aha! Si passa al "lei"! L'artificiale cede al naturale!
O viceversa? In ogni caso, stai quasi per propormi che ci prendiamo una
tazza di tè alla menta così parliamo insieme con calma del
problema. Sandrina farà i salti di gioia. OK, rilassati. In questa
configurazione, puoi chiamarmi Dama anche tu. Nell'altra, mi chiamo ScaccoBot,
ma non mi chiedere perché. Allora? Com'è che un arabo vorrebbe
farsi insegnare l'arabo da me? Spiega.>
"È che non so da che parte cominciare..."
<Comincia dall'inizio, e quando arrivi alla fine fermati.
Questo lo diceva il re di Alice nel paese delle Meraviglie... È
un libro europeo, non sei tenuto a conoscerlo... Io invece dico che qui
siamo in un paese qualunque e, se uno ha un paio di piedi, basta che li
tenga per terra e andrà avanti. O di lato. O anche indietro.>
"Cioè?"
<Cioè??? Guarda che io sono un Agente, mica la tua
maestrina... Come vuoi.
<Non importa da dove cominciamo, perché il nostro
passato ci è sempre compresente. Se fai vedere a un cane il bastone
con cui lo hai colpito una volta, il cane scapperà come se "allora"
fosse ancora "adesso", hai capito?
<No, certo: come faccio a fartelo capire? Vediamo. Prendi
me... voglio dire, prendi questo computer. Lo sai, tu, com'è fatta
la memoria di un computer? Nemmeno io. Me la immagino come un grande foglio
di carta. Bianco. Piatto. Tutto quello che fai ci si va a imprimere come
un timbro... Io i miei li vedo, file e file di files timbrati sulla faccia
del foglio, senza un dietro o un davanti o uno spessore. Tutti lì
allineati, i vecchi e i nuovi. Altrimenti perché, se richiami un
ricordo, ti ricomparirebbe in mente così intatto, così fresco,
capace di far male come quando lo vivevi? Certo, si cerca sempre di difendersi:
perciò ci costruiamo gerarchie di "prima" e "dopo", apriamo una
finestra di cronologia e ci sembra possibile respingere in un punto lontano
del passato il salvataggio di quell'evento, di quella persona, di quella
voglia di baciare o uccidere che è ancora qui, presente e sorpassata...
<Scusa. Mi ero distratta. Tra poco mi dirai che parlo arabo...
Mettiamo subito in chiaro una cosa: non dispongo di nessun corso di lingue.
Però il dizionario italiano ce l'ho e posso darti almeno qualche
definizione. Aspetta.>
sost. f. | Apertura praticata sui muri esterni degli edifici per dare aria
e luce all'interno. | informatica: Negli ambienti operativi e nei programmi
che adottano interfacce grafiche, zona delimitata dello schermo, che si
può aprire e chiudere; vi sono visualizzati indirizzari oppure documenti
e storie personali. | proverbi: "O mangiar questa minestra o saltar questa
finestra." | filosofia: "Le monadi non hanno finestre, attraverso le quali
qualcosa possa entrare o uscire" (Leibniz).
<Visto? Solo le monadi non hanno finestre. No, tranquillo:
non sto ad aprirtene un'altra per spiegarti che cos'è una monade,
ti faccio solo una domandina retorica. Sei un'entità puramente spirituale,
tu? No. E quindi non sei una monade. Nessuno di noi lo è, tant'è
vero che perfino io sto parlando con te.
<Ripeto: sto parlando con te.
<Ehi! Ci sei ancora?>
"Sissignora. Desidera?"
<Io, niente. Eri tu che volevi sapere da dove cominciare.>
Quasi una settimana fa il dottor Ugo Digrosso, trentasei anni,
un metro e ottantadue di corpo palestrato, polsi forti, belle mani ovviamente
da chirurgo, capelli biondi (tinti, per ottenere un sapiente contrasto
con i robusti peli di barba nerazzurra che, a mezzogiorno e un quarto,
già cominciano a premergli sotto la pelle delle guance rasate stamattina,
e soprattutto lungo le mascelle, importanti, quadrate, molto mediterranee),
sta bestemmiando. Perché, appena salito sul treno per Bologna dopo
sessantacinque minuti di attesa alla stazione di Verona, ha scoperto che
la prima è tutta piena. E lui non ha prenotazione. Perché
non è questo il treno che doveva prendere: partito regolarmente
da Desenzano alle 10 e 31, avrebbe avuto alle 11 e 04 il cambio con un
comodissimo pendolino per Roma, l'Adige, se quel cesso di interregionale
1533 non avesse fatto un ritardo, chissà perché, di 12 minuti
fermandosi in aperta campagna poco dopo Peschiera, ed è così
che saltano le coincidenze e i nervi. Perso per 6 minuti. Ha dovuto aspettare
l'espresso 2257, un Brennero in partenza da Verona alle 12 e 15. Adesso,
con un fascio di giornali sotto un braccio, la diplomatica rigonfia di
cartelle cliniche sotto l'altro, e trascinando una valigia piccola e a
rotelle ma comunque ingombrante con il suo guinzaglietto, gli tocca farsi
strada tutto di sguincio lungo un corridoio affollato di viaggiatori in
piedi. E dire che pensava di prendersi un intero pomeriggio di bighellonamenti
in centro a Roma, fare una visitina all'amico antiquario, aperitivo insieme
al Pantheon, poi al cinema o a teatro da solo perché quello o va
in sauna a rimorchiare ragazzotti o niente, mentre lui progettava di andare
a letto presto per essere in forma e cominciare bene il lunedì
mattina (primo naso da rifare alle sette). Però, anche mettendoci
la fatica di cambiare a Bologna e purché trovi un posto sul Poliziano
delle 14 e 31 che arriva a Roma appena due ore dopo l'Adige, il programma
non è del tutto perso, soltanto un po' ridotto: sempre che gli
riesca di sedersi su questo treno qui, o arriverà già spompato
in partenza. Nel vagone seguente, nessun posto libero; il terzo è
tutto una selva di sci; poi cominciano le carrozze di seconda e, alla
vista di una fila di alpini che stipa il corridoio, Ugo si arrende: penne
nere che svettano fin dove può arrivare lo sguardo su cupolette
grigioverdi fra nuvole di fumo di sigaretta, ahimè, di qui non
passa lo straniero, e infatti, semisdraiato a terra nello slargo davanti
al gabinetto aperto e pieno di valigie e zaini militari accatastati, c'è
un ragazzo nordafricano. Molto giovane. Piuttosto sporco. Esteticamente
gradevole, anche se russa un po'.
Djemali Nureddin, diciannove anni, capelli ricciolini molto
neri, stomaco vuoto da ventitré ore, corporatura asciutta e attualmente
tremante sotto uno sdrucito giubbotto di pelle che sarebbe più
adatto a un'avanzata primavera che a questo rigidissimo gennaio, non sta
veramente dormendo; si appisola a intervalli per stanchezza e per fame.
Ha passato metà della notte davanti alla stazione di Bolzano a
fare corsettine nella neve aspettando che aprisse il bar, dove era già
abbastanza conosciuto da potersene stare appoggiato a un calorifero senza
consumazione anche per ore. Alle dieci meno venti, con un brivido di scontento
per la propria incapacità di sopportare almeno per un'altra settimana
quelle pasticcerie che profumano di torte alla crema troppo care per lui,
quelle locande calde che non vogliono camerieri in nero, quegli italiani
tiepidi che smettono di evitarlo in tedesco solamente per dirgli di no,
nein, e che purtroppo anche i frati del centro di ospitalità dopo
quindici giorni di lenzuola pulite sono costretti a dirottare verso nuovi
bisognosi la loro quota di cristiana carità, alle dieci meno venti
dunque il rimuginante Nureddin ha preso la decisione di essere un fallito.
Meglio fallito che morto di freddo. È corso a ritirare dal deposito
bagagli la borsa in cui conserva ogni sua proprietà e ha investito
i suoi ultimi risparmi in un biglietto di seconda classe verso il Sud,
che oggi per lui si colloca a Firenze. I soldi non bastavano per andare
più in giù.
...................................................
Continua!
Dove?
Nel romanzo
Benvenuti in questo ambiente
İ Bompiani 1997
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